In questi giorni, dopo l’esplosione mediatica del caso Caffaro, stiamo assistendo ad un proliferare di dichiarazioni, smentite, riunioni straordinarie, tavoli tecnici, commissioni che, dopo anni di silenzio, tornano a riunirsi, con promesse di interventi rapidi e immediati, rassicurazioni rispetto a una situazione da sempre tenuta sotto controllo dalle istituzioni.
Per questo motivo vogliamo fare un passo indietro, rileggere gli eventi recenti e ricollocarli in una prospettiva temporale più ampia per meglio comprendere la situazione attuale. Poco più di un anno fa, un corteo auto-convocato da numerosi comitati e realtà sociali cittadine e provinciali, portò in piazza quasi 3000 persone dietro lo striscione “Liberiamo aria, acqua, suolo”. La parola d’ordine era semplice: dichiarare lo stato d’emergenza ambientale per Brescia e provincia, bloccare tutte le opere contestate dai comitati e avviare la lunga strada delle bonifiche. Punto di partenza del corteo fu, non a caso, il piazzale antistante la fabbrica Caffaro, il cui inquinamento rappresenta l’apice di questa emergenza ed di questa vergogna!
Un dettagliato documento fu consegnato alle autorità provinciali, contente suggerimenti per intervenire da subito e per provare ad arginare la strage silenziosa (l’aumento delle malattie tumorali causate dall’inquinamento a Brescia è per noi un dato incontrovertibile) a cui tutti stiamo assistendo. L’intenzione era quella di provare a porre un freno allo scempio che pochi imprenditori, in nome del profitto, stanno compiendo nei confronti del territorio bresciano, ma anche della vita stessa dei suoi abitanti.
Ad oggi, ovviamente, nessun tipo di moratoria è arrivato, anzi, nuovi e mostruosi progetti si sono aggiunti a quelli già esistenti . Si pensi alle discariche di S. Polo e Buffalora, dove dalla metà degli anni novanta una promessa elettorale di riqualificare l’area delle cave attraverso la costituzione di un parco, si è continuamente rinnovata nelle successive giunte comunali, per poi trasformarsi in un ambizioso progetto di una necropoli di cemento e rifiuti di ogni genere, che solo le lotte dei cittadini, ivi residenti, sono riuscite, al momento, ad arginare.
Arriviamo all’estate scorsa: ovvero agli incontri con le istituzioni comunali, che, attraverso la consulta dell’ambiente, avrebbero dovuto portare ad un consiglio comunale ad hoc, in cui prendere provvedimenti forti ed immediati a contrasto dell’emergenza ambientale bresciana. Ovviamente non si è mai arrivati a questo consiglio comunale. In continuità con questo fatto ci pare particolarmente significativo sottolineare come l’incontro recente sul caso Caffaro sia stato fatto saltare anch’ esso, in particolare da alcuni consilieri della Lega e del Pdl. Proprio le stesse persone che hanno pesantemente minacciato un esponente del Comitato di Brescia Sud, mentre denunciava pacatamente e legittimamente la grave situazione del quartiere Chiesanuova (riportiamo per onor di cronaca i nomi dei consiglieri: Toffoli, Galizzioli e Labolani. Inoltre ricordo loro e a tutti che la registrazione dell’evento è in nostro possesso ed è già stata diffusa tramite il web).
Chiusa questa doverosa parentesi, torniamo a questi giorni concitati.
La puntata di “Presa Diretta” ha avuto il merito di bucare finalmente l’omertoso silenzio delle istituzioni attorno al caso Caffaro. Sta finalmente cominciando a emergere quanto, da anni, è stato denunciato da comitati e cittadini. La pressione e le mobilitazioni di questi giorni hanno inoltre costretto istituzioni e politici a iniziali zoppicanti risposte, ancora largamente insufficienti per noi e per tutti i cittadini di Brescia.
Perché zoppicanti e insufficienti?
Riteniamo che l’Asl di Brescia stia facendo un uso strumentale dei dati scientifici in suo possesso coprendo le proprie responsabilità passate. La stessa organizzazione mondiale della sanità ci avverte della correlazione tra certe malattie tumorali e l’esposizione a PCB.
Rifiutare di dare avvio da subito, nelle aree maggiormente esposte al PCB, a capillari interventi di monitoraggio, quantomeno su tutte le persone (e non più campionamenti statistici) residenti, e su tutte le donne in gravidanza, rappresenta una gravissima mancanza di deontologia professionale.
Il diritto alla salute è un diritto inalienabile, negarlo attraverso condotte irresponsabili è un crimine grave (su questo, ahinoi, le cronache giudiziarie mostrano ormai quasi quotidianamente in che stato è ridotta la sanità lombarda).
Consideriamo assolutamente irresponsabile e criminale il comportamento tenuto dal comune di Brescia: come ha dimostrato lo scorso consiglio comunale, si preferisce sperperare il denaro pubblico in opere assolutamente inutili, dannose e anche di cattivo gusto (si pensi banalmente alla ricollocazione della statua del periodo fascista “Bigio” o al parcheggio sotto al castello); invece che destinare tali risorse ad opere di bonifica e messa in sicurezza.
Siamo certi, infine, che, le promesse di Maroni e della nuova giunta regionale, siano l’ennesimo stucchevole spot elettorale. Questa strategia politica l’abbiamo conosciuta bene in questi lunghi anni, trascorsi rincorrendo decine di conferenze dei servizi (inerenti progetti di discariche, gassificatori, grandi opere, ecc.) e presidi sotto i palazzi della regione. Inizialmente si vuole addolcire chi protesta, con qualche promessa, seguita dalle più che mai consuete, roboanti prese di posizione; salvo poi, con la più incredibile e beffarda naturalità, dimenticarsi tutto nel cassetto. Sappiamo chi siete e non ce ne stupiamo.
Una proposta però: se il fiume di soldi (pubblici) che arriverà con EXPO 2015 invece che essere l’ennesimo regalo ai signori del cemento e alle cosche mafiose, che alla luce del sole fanno ormai affari d’oro con gli imprenditori locali (dallo smaltimento rifiuti alle speculazioni edilizie, dalla sanità al traffico di droga), non possa diventare, altrimenti, l’occasione per ripensare un differente sviluppo, proiettato ad una ricchezza durevole e accessibile a tutti attraverso opere di preservazione e riqualificazione ambientale, di cui Brescia e tutta la provincia hanno bisogno?
Siamo altresì consapevoli che si possa sbloccare questa vergognosa situazione, solo costruendo un percorso di mobilitazione forte, dal basso, determinato e auto organizzato, lontano dalle sirene di una politica, che mostra sempre più come suo unico e principale interesse la difesa del profitto personale a discapito del benessere di tutti.