di M. Calamari – Una guerra si combatte tra i bit di Internet. O è solo l’evoluzione di quello che un tempo abbiamo chiamato “comunicazione”? L’unico modo per non soccombere è partecipare.
“Abbiamo perso la guerra. Benvenuti nel mondo del domani. Perdere una guerra non è mai una situazione simpatica, non c’e quindi da meravigliarsi che alla maggior parte delle persone non piaccia ammettere che abbiamo perso.”
Così comincia uno dei migliori, più centrati, e più psicologicamente devastanti articoli di attualità sulla Rete che abbia mai letto, scritto da Frank Rieger del Chaos Computer Club e pubblicato sul blog “La conoscenza porta la paura” in una meritoria e provvidenziale traduzione dal tedesco all’inglese.
La tesi dell’articolo, che merita una attenta lettura a cui spero di convincere almeno gli anglofoni tra i miei 25 lettori (a proposito, uno di loro potrebbe farne una traduzione italiana?), è che fino al 10 settembre 2001 l’esito della continua battaglia per il controllo della Rete e della sua evoluzione era incerto. Le corporation prendevano le idee innovative dalle stesse persone che innovavano la Rete, i governi e le lobby la consideravano poco più di una nicchia, e non un nuovo mondo da conquistare. Il giorno dopo non solo la battaglia, ma l’intera guerra era irrimediabilmente persa. Ed il ricordo dei tempi di una Rete libera ci sarebbero serviti solo come storie da raccontare ai nipotini, seduti sul loro lettino, per addormentarli.L’articolo si muove poi sui temi che considera importanti per spiegare l’evoluzione che ha portato la Rete a trasformarsi da strumento di libertà a strumento di tecnocontrollo ed instupidimento di massa e… ma basta citazioni. Il commento di Cassandra è che per la prima volta in vita sua si è sentita non un’infallibile profetessa di sventure, ma un’ingenua ed un po’ miope ottimista. PROSEGUI LA LETTURA »