L’INCHIESTA SUL SITO DI BUFFALORA CONTAMINATO DA CESIO 137: IN LOGGIA LA DISCUSSIONE IN COMMISSIONE AMBIENTE
Nel 1993 l’arrivo delle prime scorie radioattive; nel 2003 si aggiungono anche scarti di fonderia
Piccinelli: una cava «maledetta» Era un’onesta cava di sabbia e ghiaia come ce n’erano tante negli anni ’60 e ’70, nel boom edilizio della ricostruzione, fino alla sua dismissione nel 1976. Da allora la cava Piccinelli sembra colpita da una maledizione. In quella buca nella periferia sud-est della città, lasciata dalla ditta «C.G.S.» di Carlo Piccinelli, è finito di tutto. Rifiuti industriali, rifiuti inerti ed urbani, rifiuti tossico-nocivi. Rifiuti radioattivi.
IL TRAFFICO DI RIFIUTI – Sotto il manto erboso che oggi ricopre l’ex cava, avvolta in un’apparente tranquillità fuori dal tempo, si annidano migliaia di tonnellate di rifiuti. Decine di migliaia di metri cubi di scorie, mai classificate, che negli anni hanno riempito la parte in acqua dello scavo. Ma è negli anni ’90 che comincia a farsi strada un sospetto: l’ex cava Piccinelli sembra essere il teatro di un traffico di rifiuti più oscuro ed importante, organizzato all’ombra di grandi imprese travolte da Tangentopoli. Come la Impes di Roma, di cui erano amministratori gli stessi Piccinelli. Qualcuno sostiene che arrivassero camion da tutta Italia per scaricare in quella buca maledetta, rovesciando di notte il carico di morte nel laghetto di cava direttamente dalla tangenziale Est (ora via Serenissima).
L’ALLARME CESIO 137 -La scena si sposta per un momento in Franciacorta. Due paesi insospettabili, immersi nel verde delle colline e dei vigneti: Ome e Rodengo Saiano. È l’estate del ’93, e i carabinieri scoprono un traffico di rifiuti tossici nel cantiere delle Terme di Ome, dove è in costruzione un impianto di imbottigliamento delle acque termali. L’allarme è massimo: i rifiuti contengono Cesio 137. Da dove vengono? Da un capannone abbandonato di Rodengo Saiano e da un’ex cava di Buffalora. È l’ex cava Piccinelli, dove la Impes aveva un deposito di mezzi. I giornali riportano la notizia nella cronaca giudiziaria della provincia, ma non collegano la storia a quella dell’ex cava Piccinelli. A Brescia e in tutta Italia imperversa Tangentopoli. In primavera la procura di Verona arresta gli imprenditori bresciani coinvolti nelle tangenti per gli appalti dell’autostrada «Serenissima», la Milano-Venezia. Tra gli arrestati compaiono anche gli amministratori della Impes.
L’ORDINANZA DIMENTICATA -Le istituzioni bresciane invece sono in allarme: se le scorie radioattive trovate ad Ome provengono dalla «Piccinelli», significa che l’ex cava è piena di Cesio 137. L’assessore all’Ecologia del Comune di Brescia, Giuseppe Berruti, ordina alla ditta Impes e agli eredi Piccinelli l’immediata bonifica del sito. Siamo nel gennaio del ’94. Un’ordinanza che rimane inascoltata e si perde misteriosamente negli archivi comunali. Non ne ha mai parlato più nessuno. Le aree in Franciacorta invece vengono «bonificate» tra il ’95 e il ’98, in piena emergenza rifiuti in Lombardia, commissario straordinario Roberto Formigoni, affiancato da Franco Nicoli Cristiani e Giuseppe Rotondaro (il dirigente Arpa arrestato per tangenti il 30 novembre 2011, quando scoppiò lo scandalo dei rifiuti stoccati sotto Brebemi). I registri della bonifica delle Terme di Ome spariranno in un misterioso furto poco prima della fine dei lavori.
RADIOATTIVITA’ E SCORIE DI FONDERIA -Il traffico di rifiuti alla «Piccinelli» intanto continua indisturbato. Il laghetto, che un tempo occupava tre quarti della cava, ora è ridotto a una pozzanghera piena di scorie. Nel marzo del ’98 i funzionari dell’Asl, chiamati per una sospetta contaminazione, «saltano sulla sedia» e interdicono l’area: questa volta la radioattività rilevata alla cava è altissima. 1milione di Becquerel/kg contenuti in scorie di alluminio interrate vicino al capannone dell’ex fonderia. Radiazioni troppo alte, mai registrate prima nel Bresciano, mille volte superiori alla norma. Chi ha portato quelle scorie, e da dove vengono? Fanno parte di un incidente già noto, oppure bisogna ipotizzare l’esistenza di un altro incidente radioattivo, di grande entità, di cui non sappiamo nulla? Nel ’99 l’Enea mette in sicurezza l’area contaminata, garantendo l’intervento per un massimo di due anni, e ripone dei fusti con materiale radioattivo nel capannone dell’ex fonderia.
GLI ULTIMI DIECI ANNI – Nel giro di un paio d’anni l’ex cava Piccinelli torna avvolta nell’oblio di sempre. Passato il clamore del Cesio 137, nel 2003 gli eredi Piccinelli affittano, con regolare contratto, il capannone con i fusti radioattivi a una ditta di Botticino. Nonostante l’evidente pericolo, tra le istituzioni nessuno si oppone. Così tra il 2003 e il 2009 i responsabili della ditta, G.S. e D.D. (ora latitanti), sversano abusivamente nell’ex cava 15mila tonnellate di scorie acciaieria e altri rifiuti speciali. Resta un mistero come possa essere stato autorizzato l’utilizzo dei locali dell’ex fonderia Cagimetal, pur sapendo della presenza dei fusti contenenti materiale radioattivo. Qualcuno li ha spostati? È stato fatto sparire o disperdere del materiale? Ma soprattutto, chi sono i nuovi inquinatori? È soltanto la vecchia «maledizione» dell’ex cava Piccinelli, o sono legati ai vecchi traffici degli anni ’80 e ’90?
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Andrea Tornago