Le piazze d’Egitto continuano a rifiutare la normalizzazione del processo rivoluzionario. Ed è in queste piazze che la presenza della sinistra può ancora risaltare ed essere decisiva nelle prossime difficili sfide che attendono l’Egitto.
Articolo tratto da www.nena-news.globalist.it
Il Cairo, 18 gennaio 2012, Nena News – I risultati finali delle prime elezioni parlamentari dell’Egitto post-Mubarak non sono stati ancora annunciati, ma con solo settanta seggi all’incirca ancora da aggiudicare su 498, nei ballottaggi dell’ultimo turno e dove i risultati erano stati annullati per irregolarità, è chiara la fisionomia dell’Assemblea che si riunirà per la prima volta il prossimo 23 gennaio. Giustizia e libertà, il partito dei Fratelli musulmani, raggiungerà una maggioranza relativa di circa il 45%, seguito a distanza dal partito salafita el-Nur. Nel nuovo parlamento, la presenza della sinistra, come quella delle donne egiziane, sarà molto limitata. Difatti, la coalizione «la Rivoluzione continua», che presentava un programma spiccatamente di sinistra, dovrebbe ottenere una decina di seggi, mentre i due partiti di centro-sinistra, il vecchio Tagammu e il nuovo social-democratico, sono in posizione nettamente subordinata rispetto ai liberali con cui hanno formato l’alleanza del «Blocco egiziano», che dovrebbe raggiungere circa 40 deputati.
Se si commette l’errore, come troppi commentatori occidentali continuano a fare, di ridurre la rivoluzione egiziana alla mera competizione elettorale, allora non si potrebbe parlare che di un vero disastro per la sinistra e per le altre formazioni che ambiscono a un cambiamento economico e sociale del paese, letteralmente devastato dall’applicazione selvaggia delle ricette neo-liberiste, insieme al processo di transizione politica. Se al parlamento toccherà un ruolo chiave nella prossima difficile fase della «transizione egiziana», finora contrassegnata dalla gestione a dir poco autoritaria del Consiglio supremo delle forze armate (Scaf nell’acronimo inglese), non c’è da sorprendersi che in questi giorni, ancora una volta, l’attenzione degli egiziani – media, politici, semplici cittadini – è però concentrata sulla piazza e sull’annunciata manifestazione di massa del prossimo 25 gennaio, che marcherà un anno dall’inizio della rivoluzione. Le piazze d’Egitto continuano, nonostante la repressione di polizia ed esercito, a rifiutare la normalizzazione del processo rivoluzionario, fino a quando non saranno state accolte le richieste di «pane, giustizia e libertà», che avevano portato nelle Tahrir di tutto il paese milioni di egiziani un anno fa. Ed è in queste piazze che la presenza della sinistra, sia organizzata nei gruppi, come i socialisti rivoluzionari, che hanno boicottato le elezioni, sia diffusa tra le migliaia di shabab (giovani), che hanno scoperto il protagonismo politico e non hanno intenzione di farsi scippare la «loro» rivoluzione dall’alleanza tra lo Scaf e i Fratelli, può ancora risaltare ed essere decisiva nelle prossime difficili sfide che attendono l’Egitto.
Insomma, pur marginalizzata dalla politica parlamentare, la sinistra egiziana può ancora giocare un ruolo fondamentale nella «politica della strada», dove la rivoluzione è lungi dall’essersi esaurita.
*Docente di storia e politica del Medio Oriente alla British University of Egypt del Cairo e alla Macquarie University di Sydney